L’oratorio dedicato alla Madonna Addolorata, detto della Coronella, deve il suo nome alla presenza, a poche decine di metri, del lungo argine che partendo dal Dosso, si snoda per dieci chilometri nella direzione di S. Venanzio. Costruito per difendere le campagne a sud dalle continue alluvioni del fiume Reno, se ne trovano le prime tracce già in disegni del Cinquecento. Percorrendo la Coronella dal Dosso verso Galliera in molti punti si notano le differenze di livello fra le terre poste a nord e quelle a sud, più basse di qualche metro.
L’ oratorio è posto sul luogo dove anticamente vi era una cappellina annessa ad un piccolo convento denominato di Sant’Antonio di Broilo, in cui vivevano alcuni eremiti sotto la regola di Sant’Agostino, che poi confluirono nell’Ordine dei Servi di Maria per concessione del vescovo di Bologna, Ottaviano degli Ubaldini. Nella suddetta cappellina si celebrava la messa nei giorni festivi per comodo degli abitanti circonvicini.

Il culto della B. Vergine della Coronella nasce nel 1660 quando il Padre Maestro Freddi, Priore del convento dei Servi, rendendosi conto dello stato miserevole in cui versava la chiesetta si occupò di farla restaurare. Chiuse le finestre piccole “all’uso antico”, e ne fece fare due sopra la porta d’ingresso. Inoltre fece ornare il quadro di Sant’Antonio Abate con due dipinti “a fresco” raffiguranti S. Filippo Benizzi da una parte e Sant’Agostino dall’altra e nella parte alta del muro fece affrescare una immagine di Maria Vergine Addolorata, a cui i Servi erano particolarmente devoti.
Il piccolo oratorio, come tutta la zona circostante, dovette sottostare alle intemperanze del fiume Reno che provocava, con i suoi straripamenti e le conseguenti alluvioni danni ingentissimi; nel nostro caso un interrimento di quasi sei metri della chiesetta tanto che l’immagine della Madonna venne a trovarsi quasi a livello del suolo e le due finestre sopra la porta divennero il passaggio da cui entrare. Con il crollo parziale del coperto le condizioni andarono aggravandosi mentre l’immagine sembrava non risentire delle continue esposizioni al sole cocente ed alle piogge torrenziali. Già da solo questo fatto fu considerato miracoloso dal culto dei fedeli.

L’incremento delle devozioni si ebbe col verificarsi di un primo miracolo, seguito poi da altri due. Il primo a favore di un certo Giacomo Gilli di S. Venanzio, il quale si ritrovò guarito da una cancrena ad una gamba dopo che per diversi giorni si era recato a venerare la Sacra Immagine ed a ripulire il terreno circostante dalle “immondezze” dovute al totale abbandono. Gli altri due: di Giuseppe Roncarati pure di S. Venanzio, località Cumulo, che venne istantaneamente liberato da un tormentoso male che lo affliggeva da nove mesi, e di una giovane del Comune di Galliera che venne guarita dal mal caduco a cui frequentemente era soggetta. Tutti nella seconda metà del ‘700. (Così è riportato in un libricino di “Notizie Istoriche sull’Oratorio della Coronella” stampato nel 1821 dalla Tipografia Arcivescovile di Bologna).
Da allora fu tale il richiamo di devoti che i Padri Serviti, nel 1776, intrapresero la riedificazione della chiesa sempre sulla stessa area della precedente inglobando il muro con l’immagine della B. Vergine Addolorata. Durante il periodo napoleonico, soppresso l’ordine dei Servi di Maria l’11 dicembre 1798, l’oratorio, secondo consuetudine, fu messo in vendita per cui ne divenne proprietario Giuseppe Pirani che si curò di proteggerlo e di mantenerlo in esercizio. Infatti, pur mancando un’assistenza spirituale in quanto i Religiosi non erano più sul posto e la parrocchiale lontana, la gente tuttavia era solita darsi convegno presso l’oratorio nei giorni di sabato e nelle feste dedicate alla Madonna.

Questa consuetudine di darsi appuntamento il sabato si protrasse anche nell’800. Vi intervenivano donne e uomini di ogni condizione. E non erano le sole genti del paese, ma dalle circostanti parrocchie di S. Alberto, Maccaretolo, S. Pietro in Casale, Massumatico, Poggetto, Dosso, S. Agostino, S. Carlo, Poggio Renatico e persino dal lontano Mirabello.
Giuseppe Pirani abitava nella casa attigua all’oratorio e nel 1815, per alcuni mesi divenuto sindaco di Galliera, trasferì quì, per suo comodo, la sede comunale, dove rimase anche per il suo successore, Giuseppe Roncarati, abitante a Galliera.
Nel 1819, Giuseppe Pirani e la moglie, Costanza Probstadt, ascoltando il desiderio dei molti fedeli, fece istanza al cardinale arcivescovo affinchè venisse regolamentata la gestione del Santuario. Il cardinale decretò che fosse istituita una speciale amministrazione formata da tre persone probe, una per ciascuna delle tre parrocchie, e cioè S. Vincenzo, S. Venanzio e S. Maria di Galliera, a cui doveva presiedere il parroco di quest’ultima con la vicepresidenza di Giuseppe Pirani. Inoltrè istituì una Pia Unione, composta da 72 uomini e 72 donne (72 in onore degli anni di Maria) i quali versando una piccola elemosina al momento di iscriversi e pagando ogni mese quattro bajocchi assicuravano il mantenimento dell’oratorio.
Deceduti i signori Pirani, il Juspatronato passò a una devota famiglia di S. Venanzio, i Bonora, i quali si occuparono di un radicale restauro dell’edificio ormai fatiscente, mentre una famiglia omonima e consanguinea di S. Pietro in Casale si occupava della provvista di arredi sacri come la Via Crucis e altro ancora. (La proprietà dell’edificio, e dell’annesso appartamento per il custode, è tuttora della Congregazione, ossia Amministrazione, dell’Oratorio della Coronella di S. Maria di Galliera, come attesta una dichiarazione della Curia Arcivescovile).

Nel 1987-88, Anno Mariano straordinario, l’allora parroco di Galliera mons. Nello Bagni, che ricordava il suo Giubileo Sacerdotale, sostenuto da numerosi e volonterosi collaboratori, procedette ad un restauro totale del Santuario.
Il 15 agosto 1988 in forma solenne la Chiesa della Coronella fu riaperta al culto per la gioia e la pietà degli abitanti di Galliera che sempre hanno confidato nella materna protezione di Maria. Il Santuario della Coronella è l’unico oratorio rimasto nella parrocchia di S. Maria del Carmine di Galliera.

Nell’estate 2003, in seguito ad alcuni lavori di manutenzione al basamento murario della chiesa, all’interno dell’edificio, sono stati rimossi degli strati di intonaco, dal pavimento fino ad un metro di altezza circa. Sui mattoni ripuliti dall’intonaco erano evidenti delle tracce nerastre, apparentemente fuliggine per l’odore di bruciato emanata dalle pietre. Tale testimoninza puo’ essere l’indizio di un incedio che la chiesetta puo’ avere subito nel passato ma di cui andrebbe ricercata conferma negli archivi.

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