La Chiesa di San Venanzio

La chiesa di San Venanzio può vantare una storia quasi millenaria. Infatti, in documenti successivi all’anno Mille (1030 e 1064), segnalati da Tiziana Lazzari nel libro dal titolo “Comitato senza città”, è scritto che Signore di San Venanzio è Gottifredo figlio di Pietro, detto anche “da San Venanzo”, e che a suo figlio Pietro, detto “Pagano” sono concesse delle terre in enfiteusi da Adelberto, figlio di Ugo Marchese.
In quel tempo la località S. Venanzio si trovava leggermente spostata a nord-ovest di quella attuale, nell’odierna via Piatesa, all’altezza delle vie Castello e Guazzatoio dove più tardi (forse nel corso del XIV secolo) la famiglia Piatesi di Bologna costruì un castello e dove, ad ovest di esso castello, vi era la chiesa dedicata appunto a S. Venanzio.
Proprietaria della chiesa era l’abbazia di Pomposa, che quì possedeva pure diversi terreni. Dice infatti Antonio Samaritani (Presenza monastica ed ecclesiastica di Pomposa nell’Italia settentrionale, pagg. 282-83) che “S. Venanzio è la prima chiesa di Pomposa che s’incontra sulla strada da Ferrara a Bologna, ed il primo ricordo pomposiano di questa è del 4 dicembre 1087 quando la vedova Teutoica del conte Ugo dona 5 tornature di dodici pertiche per parte, poste nella pieve di San Vincenzo di Galliera presso la chiesa di S. Venanzio, a Teuzone monaco di Pomposa, che riceve a nome del suo abate di Pomposa, Girolamo”. Il rapporto con Pomposa prosegue per circa 350 anni e termina prima del 1437, quando non riceve più visite da parte dei suoi monaci. In seguito la chiesa di San Venanzio entra a far parte della Diocesi di Bologna ed è sotto la giurisdizione della pieve di San Vincenzo.

L’attuale chiesa di S.Venanzio fu costruita dal parroco don Gaetano Pasquini, che portò a termine l’opera sul finire del 1876 dopo aver demolito quella vecchia, in condizioni precarie, e troppo piccola per poter contenere i fedeli durante le sacre funzioni.
La vecchia chiesa in origine era un piccolo oratorio di proprietà della famiglia Degnadini dedicato a S.Anna, nel quale fu trasferita la sede parrocchiale dopo la disastrosa rotta del fiume Reno del 1751, 19 marzo, conosciuta come “rotta Panfilia”, che danneggiò enormemente il castello di S.Venanzio, e rese impraticabile la chiesa parrocchiale che si trovava subito all’esterno del castello, all’incirca all’inizio dell’attuale via Guazzatoio.
L’oratorio di S.Anna, divenuto sede parrocchiale, fu in più occasioni ristrutturato fino a diventare una chiesa con tre altari. Nel 1839 il parroco don Giosafatte Bertacchini fece costruire, dalla ditta Giuseppe Brighenti, il campanile ancora oggi esistente, e nel 1843 lo dotò di quattro campane.
Come si può vedere dall’incisione eseguita da Enrico Corty nel 1845, il campanile è stato edificato distante alcuni metri dalla vecchia chiesa ed alla sua destra (per chi guarda) vi è il cimitero.
Nel 1873 il parroco don Gaetano Pasquini fece fare una perizia ed un preventivo alla ditta Brighenti per la demolizione del vecchio edificio, troppo piccolo ed in condizioni cadenti, e per la costruzione di uno nuovo, più ampio, e nella seduta del 7 settembre 1873, alla presenza dei membri della commissione, venne verbalmente stabilito il contratto con il Brighenti nella somma di lire 17 390, da cui furono recuperate lire 900 di materiali dalla vecchia chiesa. A questo punto il parroco chiese ufficialmente un contributo al Municipio di Galliera il quale, nella sua seduta del 28 settembre deliberò la concessione di un finanziamento a fondo perduto di lire 2 500 da erogarsi in 5 rate annuali di lire 500 cadauna, iniziando dal 1874.

Durante la costruzione don Pasquini si rese conto che, volendo fare una chiesa più ampia della precedente, oltre ad allargarla fino a toccare il campanile, non poteva prolungarla sul davanti (dove era disponibile un terreno di proprietà del benefizio parrocchiale) poichè così facendo avrebbe occupato gran parte del piazzale, cosa questa che esteticamente non sarebbe stata corretta. Decise quindi di prolungarla nella parte posteriore dove esistevano pochi metri di terreno parrocchiale per cui parte della costruzione sarebbe andata ad occupare un’altra proprietà. Pertanto il parroco acquistò, per conto proprio, una certa estensione di quel terreno limitrofo e così potè ampliare il fabbricato senza incontrare ostacoli di alcun genere e lasciò pure un certo spazio tutt’intorno. Però le cose non erano proprio regolari poichè, in questo stato, la chiesa occupava una parte di terreno che era di proprietà personale di don Pasquini. Allora il parroco incaricò l’ingegner Giuseppe Vitali di effettuare una stima di tale pezzo di terreno per poter proporre all’amministrazione parrocchiale una permuta con terreno di ugual valore di proprietà del benefizio parrocchiale. Con sua perizia scritta in data 23 novembre 1877 l’ingegnere stabilì che il terreno di proprietà del parroco misurava mq. 1480 (cioè il pezzo occupato dalla nuova chiesa più quello contiguo, che era coltivato ad erba medica) e che il suo valore era stimato in lire italiane 460. In più don Pasquini donò altri mq. 82 di suo terreno per dare una migliore configurazione al cortile colonico del Predio Fabbreria, già di proprietà della parrocchia. Questo per compensare quella superficie occupata dalla nuova costruzione e dalle relative sue aderenze. In cambio il benefizio parrocchiale cedeva un pezzo di terreno di uguale misura (cioè mq. 1480) e valore facente parte del “fondarello” Fabbreria e confinante con il terreno già di proprietà del parroco sul quale era eretto un fabbricato ad uso di scuola elementare dato in affitto all’Amministrazione municipale di Galliera la quale Amministrazione, per mano del suo sindaco, ne aveva già chiesto l’ingrandimento che finalmente, con questa permuta, poteva aver luogo.

La chiesa attuale ha cinque altari. La pala dell’altar maggiore, raffigurante la Madonna e i Santi Venanzio e Sebastiano martiri è opera del pittore centese Antonio Guandalini, mentre i quadri sui primi due altari, entrando, sono del pittore locale Alessandro Maccaferri e raffigurano rispettivamente Santa Filomena (a sinistra) e Sant’Antonio (a destra).
La festa del patrono si celebra il 18 maggio.

Testo e ricerche
di Franco Ardizzoni

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